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TheSIGN Academy intervista Teresa Porcella

Ginevra Bianchini intervista Teresa Porcella.
Scrittrice.
Editor.
Performer.
Docente di Progettazione Editoriale alla TheSIGN.

Teresa Porcella, cagliaritana, ha studiato canto, violino, danza e teatro. Si è laureata col massimo dei voti in Filosofia del Rinascimento a Firenze, dove vive, e dove ha conseguito il “Master in progettazione editoriale multimediale” a cura dell’Università di Firenze e della Rai. Autrice, progettista, editor per ragazzi lavora per diversi editori italiani e stranieri come freelance.
Ha insegnato letteratura per l’infanzia presso gli atenei di Cagliari e Firenze. Attualmente è docente di progettazione editoriale presso TheSIGN – Comics & Arts Academy di Firenze. Come autrice ha vinto il Premio Procida Elsa Morante –Il mondo salvato dai ragazzini 2019‐2020, con il libro Quelli là (illustrazioni di Santo Pappalardo) edito da Bacchilega Junior e ha avuto la Menzione speciale al Premio Rodari 2018 con Il formichiere Ernesto, Coccole Books.
Come editor ha vinto il premio Andersen nel 2015 per la collana di poesia Il suono della conchiglia, Motta Junior, e nel 2018 con la collana Rivoluzioni, LibriVolanti. Nel 2005 ha fondato l’Associazione di promozione alla lettura Scioglilibro onlus, di cui è presidente.

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Qual è stata la tua formazione?
Quella scolastica ha previsto liceo scientifico, laurea in filosofia del Rinascimento, master in progettazione editoriale multimediale (fatto dalla Rai Toscana e dall’Università di Fisica di Firenze), e una serie di perfezionamenti in didattica (della storia e della musica). Parallelamente, conservatorio (5 anni di violino) Scuola di musica di Fiesole (canto), Danza classica (5 anni, purtroppo ho poi dovuto smettere per un intervento alla schiena).
Poi c’è un’altra formazione – quella che ti rimane addosso – che prevede amici che suonano, cantano, ballano e scrivono, zie scultrici, ingegnere o avvocatesse ma sempre splendide narratrici di fiabe, una nonna poetessa dialettale, un padre filosofo di nome e di fatto, una madre radar capace di imbastire relazioni con chiunque e il destino di essere l’ultima di 7 figli, il che contribuisce a certificare lo status di strega disadattata, fuori dai canoni.

Hai un lavoro di cui vai più fiera?
Mi sento come Borges, il quale, quando chiesero di quale libro andasse più fiero, disse: “Si vantino pure gli altri delle opere che hanno scritto, quanto a me, mi vanterò di quelle che ho letto.”.
Lavoro intorno al libro da molti anni (scrittrice, editor, libraia, performer, docente), con un’attenzione particolare alla poesia e alla messa in voce e in musica della parola. La verità è che mi sento fiera del fatto che poesia e musica mi siano venute a cercare, fin da quando ero piccolissima, per darmi un binocolo attraverso cui guardare le parti nascoste di me stessa.

Tu lavori principalmente in ambito editoriale, quali sono secondo te i pro e i contro di questo genere di lavoro, se ce ne sono? Come ti sei avvicinata a questo settore?
I pro sono molti: s’impara a lavorare davvero in team (i libri sono di tutti coloro che li fanno, da chi scrive a chi illustra a chi imposta la grafica, e via e via fino, ovviamente, a chi li legge), il che ci abitua ad affezionarci all’idea migliore e non a chi l’ha avuta e a sentire la relazione come il primo valore a cui ancorarci quando s’inizia un lavoro. Questa dimensione è la stessa che abbiamo anche in Accademia alla TheSIGN, e mi piace tantissimo. I contro sono legati a come oggi funziona il mercato editoriale in Italia, che fa fatica a trovare modalità di lavoro con compensi equi per i professionisti della filiera. Ma è discorso lungo e complesso.

È importante saper lavorare in team in questo ambito?
Come ho detto prima, è essenziale: questo è un lavoro di team. Scordiamoci l’idea dell’artista solitario!

Cos’è per te l’illustrazione editoriale? Che tipo di narrativa è?
È uno dei modi, in realtà, più antichi e profondi di approcciarsi alla narrazione. È parente stretta degli affreschi delle chiese, delle prime parole quando si nasce, della fiaba classica, della capacità dei bambini di avvicinarsi al mondo in modo analogico (cioè per analogie) piuttosto che strettamente logico (cercando cioè nessi di causa effetto in prima battuta), è quel linguaggio per immagini che ritrovo anche nella poesia. È un terreno di sperimentazione sull’immaginario dove filogenesi e ontogenesi s’incontrano e si sentono parenti della fiaba, del mito e del sogno. Un modo per scoprire e creare archetipi (sì, si possono creare) mettendo in relazione cose apparentemente distanti fra loro. È una narrativa poetica, ecco. I bambini la conoscono benissimo. Per esempio, il figlio di un’amica (di due anni e mezzo circa), cadendo si è fatto male al mento. Corre in lacrime dalla madre per dire che si è fatto male, ma non ricorda la parola mento e dice: “Mi sono fatto male al gomito delle guance”. Ecco esattamente questa cosa qui. Il gomito delle guance è il modello (ci sto lavorando per un’idea di libro che mi ronza in testa da un po’).

Quali sono le fasi di progettazione e creazione di un libro illustrato?
Dipende dall’albo, non tutti nascono nello stesso modo. Ci sono albi dove il testo nasce prima dell’immagine, altri dove, al contrario, l’immagine genera il testo, altri ancora dove chi scrive e chi illustra son la stessa persona, altri, come nei silent book, dove il testo sta nelle pieghe dell’immagine e si declina nelle voci di ogni singolo lettore o lettrice in modo diverso.
Diciamo che ogni albo ha un iter a sé, dovuto anche al rapporto tra le persone (se sono più di una) che ci lavorano. Quello che può essere interessante analizzare sono le relazioni tra le varie parti che lo compongono. Diciamo che l’interrelazione stretta tra linguaggio iconico e verbale deve essere sempre monitorata, con un sistema di azioni e retroazioni continue.
Poi, di sicuro, si parte dalla foliazione del formato del libro, cioè dai vincoli fisici, tecnici, così come un’artista parte dai materiali con cui e su cui dipinge.

Cosa deve tenere particolarmente da conto un illustratore nella progettazione editoriale?
Della verità interna di ciò che sta dicendo (ciò che disegna deve essere emotivamente vero anzitutto per chi disegna), della densità e della polisemia di ciò che produce. Le cose più stratificate e meno definite sono spesso le più belle. Questa densità non deve mai cozzare con la pulizia e la “semplicità” di una prima lettura. Bisogna lavorare alla semplicità come distillato della complessità, e mai alla complicazione, che scoraggia il lettore.
Diceva Hannah Arendt: “Le narrazioni rivelano significati, senza commettere l’errore di definirli”. Questo vale per le parole come per le immagini. Quella “definizione”, quel confine visivo che è la linea, un contorno, una colorazione, deve essere, al contempo, una rivelazione.

Cos’è SciogliLibro e com’è nato?
È l’associazione di promozione ed educazione alla lettura che ho fondato nel 2005 e con cui, da tanti anni, mi occupo di proporre libri e percorsi di formazione, attraverso la creazione e la gestione di festival letterari, corsi di formazione, laboratori, spettacoli. È il vanto del lettore di Borges di prima, ma collettivo. Oggi ha una bellissima nuova linfa vitale, data da ingressi di persone nuove, tra cui quattro ex-studenti e studentessa della TheSIGN: Fulvia Lastrucci, Elena Geppi, Matteo Grillotti e Martina D’Arpino. Anche questo dice di come la relazione e la gioia di stare insieme con e per i libri sia alla base del contagio della lettura con altri!
Il nostro motto, infatti è “Sciogliere libri per annodare lettori!”. Siamo anche un ‘presidio del libro’, cioè un’associazione riconosciuta dall’Associazione Nazionale Presidi del Libro (associazione nata in Puglia e poi riconosciuta a livello nazionale) che ha l’idea di mettere al centro i lettori.
Se siete curiosi, ci trovate su Instagram, Facebook e sito web!

Di cosa ti occupi alla TheSIGN?
Di progettazione editoriale. Insegno a porre i binari per far correre l’immaginazione e a sentire quei binari come un supporto o un detonatore, ma mai una gabbia.

Hai qualche progetto all’attivo in questo momento di cui ci puoi rivelare dei dettagli?
Ho appena terminato due biografie per me importanti: una di Dante, per l’editore Spagnolo Bambù del gruppo Casals, e una biografia di Maria Montessori per la collana Donne nella Scienza di Editoriale Scienza. Sono dei libri che mi hanno tenuta occupata per molto tempo a cercare in quali pieghe dei fatti biografici si potesse infilare la mia immaginazione di scrittrice per restituire al pubblico ipotesi plausibili e non dette sulla vita di queste due straordinarie personalità.
Con la Montessori, per esempio, ho deciso di fermarmi ai primi 35 anni di vita, perché è lì che si è costruita la personalità di questa donna (medico, psichiatra, femminista), nubile, madre, (che ha nascosto la sua maternità per tenere vivo il suo personaggio pubblico) di cui spesso ci hanno raccontato vicende secondarie o ci hanno proposto una facciata più addomesticata che non corrispondeva alla forza comunicativa e teorica di cui era portatrice. Ho raccontato il medico (a partire delle sue prime autopsie) e la lottatrice sociale, mi sembrava dovuto.

Che consiglio daresti a giovani illustratori/trici che si affacciano ora sul mondo del lavoro?
Di guardare molto che cosa fanno gli altri illustratori in tutto il mondo, di approcciarsi a libri di tipo diverso (compresa la scolastica che è una palestra utile), di abituarsi sin da subito al lavoro di squadra con altri illustratori o scrittori, e di leggere moltissimo: narrare per immagini s’impara frequentando narrazioni di tutti i tipi. Quella di sole parole ha il vantaggio di trasmetterci la bellezza del narrare e di lasciare aperto lo spazio all’immaginario visivo che da lì decolla.
Poi, certo, gli direi di frequentare una scuola, una buona scuola, come la nostra, dove tutte le cose che ho detto prima, sono alla base della progettazione dei corsi e del lavoro che facciamo in aula.

Grazie per questa intervista!
Grazie a te.

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Dove trovare Teresa:
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Foto in copertina di ©Ubaldo Franco.