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TheSIGN Academy intervista Alberto Pagliaro

Ginevra Bianchini intervista Alberto Pagliaro.
Fumettista.
Docente nel corso di Fumetto presso TheSIGN.

Alberto Pagliaro è nato a Firenze nel 1972. Diplomato presso l’Istituto d’Arte di Firenze in Moda e Costume è fumettista e illustratore. Ha pubblicato in Italia per le riviste SelenKaosShock MagazineBaribalNext ExitBlackBlueMaximVernacoliereAnimals. Nel 2000 inizia la sua collaborazione con le più importanti case editrici internazionali: CastermanDelcourtDupuisDisneyCoconino pressKstrDargaudGlénatOxford University PressSergio Bonelli Editore. Dal 2011-2013 collabora con il Teatro Comunale di Modena Luciano Pavarotti realizzando gli adattamenti a Fumetti delle Opere di VerdiLa traviataL’Otello e L’Aida. Nel 2016 su testi di Mauro Uzzeo, realizza una storia di Dylan Dog per il Dylan Dog Color fest-favole nere. Sergio Bonelli Editore. Attualmente per Glénat lavora alla realizzazione di tre volumi a fumetti tratti dal Romanzo La mort d’Hitler scritto da JC Brisard. È docente di fumetto alla TheSign e di fumetto e illustrazione presso La Fondazione d’arte Trossi Uberti.

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Qual è stato il punto di partenza della tua carriera?
Sicuramente l’aver fatto parte del “progetto Maivista”, un collettivo di giovani autori: fumettisti, scrittori, fotografi, illustratori, pittori che a metà degli anni ’90 diede vita alla rivista “Maivista” edita in tre numeri. Un’esperienza collettiva ma anche personale che mi ha portato a conoscere me stesso attraverso il confronto con altri autori e le loro sensibilità.

Come ha influenzato lo studio della storia dell’arte la tua formazione stilistica?
È lo scheletro che sostiene la mia carne e che mi permette di esprimermi non solo in ambito artistico. Conoscere la storia dell’arte significa conoscere l’uomo e la sua complessità.

Quali sono le cose di cui sei orgoglioso nella tua carriera?
Nessuna in particolare. Il mio obiettivo è sempre stato quello di vivere dei miei disegni e ci sono riuscito e a me questo basta.

Quali sono le differenze tra il fumetto francese e italiano?
Sono di forma e di sostanza. Di forma perché il fumetto francese è a colori, ha un formato molto più grande e si sviluppa narrativamente su una griglia grafica su 4 strisce e non su 3 ed ha mediamente 44 pagine invece di 96 come ha invece quello italiano se si considera, generalizzando, il formato della Bonelli. Di sostanza perché tranne rari casi il fumetto seriale in Italia è sempre e solo legato all’avventura e all’intrattenimento, aspetto che lo ha reso un corpo estraneo alla cultura italiana.
In Francia invece quando si parla di fumetto si parla di un mezzo espressivo al pari della narrativa o del cinema, che ha raccontato da sempre l’evoluzione della società francese, la sua storia, i suoi sogni e le sue contraddizioni.

Quali sono le differenze tra il mercato del fumetto francese e italiano?
In Italia esiste un solo editore di fumetto seriale, la Sergio Bonelli editore che è enorme e ancora oggi fa numeri di vendite importanti. In Francia invece ce ne sono tantissimi e questo fa sì che ci siano più possibilità lavorative.

Ci sono degli autori che ti hanno particolarmente influenzato nella formazione?
Sì, tantissimi, ne cito uno solo per non citarne 10000, Moebius.

Il tuo stile è influenzato più dal cinema o dall’arte?
Dalla pittura perché ho sempre avuto un rapporto complicato con il colore; il colore nasce dalla parte più intima e nascosta di noi stessi e in passato facevo molta fatica ad aprirmi. Adesso invece sono apprezzato per i miei colori “fotonici”.

Consideri il fumetto un veicolo per far conoscere l’arte in alcune sue forme?
Sì certo, lo è sempre stato. Ricordo con stupore le copertine di Dylan Dog disegnate da Stano che le realizzava rifacendosi allo stile di Egon Schiele. Credo che quell’esperienza mi abbia influenzato enormemente e da allora cerco sempre di contaminare il mio disegno con forme artistiche che si accompagnano alla mia sensibilità del momento.

Hai dei progetti all’attivo in questo momento di cui ci puoi parlare?
Con Glénat sto realizzando altri due capitoli della serie Hitler est Mort! e in questi giorni sto terminando una serie di illustrazioni fatte in collaborazione con il Teatro della Brigata per portare in scena Il Diario di Anne Frank.

Che consiglio daresti a dei giovani fumettisti che si affacciano ora sul mondo del lavoro?
Di non farsi fregare dalla vanità.

Grazie molte per questa intervista!
Grazie a te.

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Dove trovare Alberto:
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